Il produttore di serramenti altoatesino Finstral invita al dialogo, avvia conversazioni e affronta temi rilevanti dell’architettura. Per il terzo numero del Magazine Finstral F_03 abbiamo posto otto domande ad architetti provenienti da tutta Europa. Qui può leggere le risposte di Manuel Aires Mateus.
1. Come architetto, cosa pensa della luce?Manuel Aires Mateus: La luce è la prima condizione per rendere visibile l’architettura. Quest’ultima si manifesta attraverso tutte le sue componenti, possiamo parlare di percezione acustica, tattile, di altri sensi che ci avvicinano all’essenza di un’opera architettonica, ma è soprattutto la luce l’elemento che mette in risalto il suo carattere, la sua estetica. Per questo progettiamo lo spazio modellando l’elemento primario, ovvero la luce.
2. Come integra la luce naturale nella progettazione? È sempre necessario integrare la luce diurna nella progettazione. Semplicemente perché è insostituibile, nemmeno la luce artificiale può prendere il suo posto. È necessario scegliere, e arriviamo così al requisito alla base di ogni decisione in architettura: la libertà di scelta. Non mi piacciono i luoghi in cui non viene progettata chiaramente la luce, mentre apprezzo quelli in cui si può osservare una scelta precisa. In cui si è scelto un determinato ingresso di luce e, dunque, è stata scartata un’altra opzione.
3. Come utilizza la finestra per definire la realizzazione architettonica?La prima cosa da sapere su un progetto architettonico è che non ci sono norme, quindi non c’è un modo predeterminato di progettare una finestra: possiamo creare un foro, aprire completamente le facciate, utilizzare una fessura di una parete o inserire finestre. Non esiste un modo statico e corretto di progettare un serramento. Una finestra significa luce, vista, significa una forma di comunicazione tra interno ed esterno. In ogni caso, la progetto sempre pensando anche al suo spazio. Mi interessa la sua profondità, che diventa un vero campo di lavoro, che può offrire spesso vantaggi, creare spazio abitativo o definire il passaggio tra interno ed esterno. Ciò che è importante per noi è l’idea che lo spazio non sia un’assenza, ma che racchiuda in sé una condizione.
4. Quale edificio esistente (conosciuto) vorrebbe convertire o ampliare? E come? Villa Adriana a Roma.
5. L’edilizia è una giungla di innumerevoli normative e procedure in parte obsolete: cosa cambierebbe? E come?Viviamo in un mondo in cui la normalizzazione porta alla banalizzazione, come se la condizione necessaria per la vita non fosse la libertà. Se spettasse a me la decisione, ridurrei il numero di normative. Nell’edilizia l’eccessiva standardizzazione porta a un’enorme mancanza di libertà, che rende molte aree urbane e residenziali disfunzionali e prive di creatività, in altre parole inadatte alla vita.
6. L’architettura è realtà costruita. Quale responsabilità sociale e politica hanno oggi gli architetti?
Gli architetti hanno la stessa responsabilità di chiunque altra persona nella società, ma l’architettura risponde in modo specifico a nuove condizioni e problemi. Le nostre sfide: problemi ambientali, di gestione del territorio e delle risorse. Mancano anche progetti in grado di adattarsi alle mutevoli esigenze nel corso del tempo, premessa per un’architettura sostenibile. L’architetto ha il dovere di rispondere a queste sfide molto complesse. La questione centrale è come affrontare i problemi ambientali. Spesso attribuiamo la responsabilità a carenze tecniche ed energetiche. In realtà, però, è l’architettura che deve imparare ad adattarsi e a resistere nel tempo. Il modello e l’esempio da seguire sono edifici che esistono da centinaia di anni e sono ancora in piedi. La loro qualità è quella di sapersi adattare senza limitazioni a nuovi contesti.
7. Con chi Le piacerebbe dialogare di architettura e su quale tema in particolare?Vorrei parlare con la Presidente della Commissione europea oppure con il Papa. Come tema sceglierei il ruolo della bellezza.
8. Con quale argomentazione aprirebbe questo dialogo?Avvierei il dialogo con una domanda: che ruolo ha la bellezza nella società contemporanea?
Nel 1988 Manuel Aires Mateus e Francisco Aires Mateus hanno fondato lo studio di architettura Aires Mateus a Lisbona. Fin dall’inizio lo studio, attivo a livello internazionale, si è occupato del ruolo della memoria e della conoscenza, della relazione tra mondo fisico e culturale. Dal 1986 Manuel Aires Mateus svolge anche l’attività di docente e collabora con diverse università, tra cui la Harvard Graduate School of Design, il College of Architecture e la Oslo Architecture School. Dal 1998 insegna all’Universidade Autónoma de Lisboa e dal 2001 presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio in Svizzera. Aires Mateus ha partecipato a diverse mostre ed è stato spesso ospite alla Biennale Architettura di Venezia. Recentemente ha presenziato alla Biennale di Architettura e Urbanistica di Seoul (Corea del Sud, 2021). Numerosi i riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui l’AIT Award (2012, 2020), il Valmor Prize (2002, 2018), il Secil Award (2020) o l’Ecola Award (2019) e la nomination per il Premio Mies van der Rohe (2007, 2017). Nel 2017 Manuel Aires Mateus ha ricevuto il Premio Pessoa.
Ritratto Manuel Aires Mateus: © Fernando Guerra e Sérgio Guerra
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